COME RICONOSCERE L'EFFICACIA TERAPEUTICA - Erika Graci
Psicologa evolutiva e psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Erika Graci, Psicoterapeuta, Roma, psicoterapia cognitivo comportamentale, psicologa infantile, terapia di coppia, panico, lutto
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COME RICONOSCERE L’EFFICACIA TERAPEUTICA

COME RICONOSCERE L’EFFICACIA TERAPEUTICA

La psicoterapia, questa sconosciuta!

Cerchi su Google una definizione e trovi pubblicità di professionisti che raccontano in un fiume di bla bla bla il loro approccio e gli strumenti usati, come se lo scopo della ricerca dell’individuo profano al mestiere fosse l’apprendimento di un metodo auto-medicante.

Ma, per dire il vero, ciò che l’utente bisognoso vuole scoprire è se mai smetterà di vivere con una eccessiva intensità le sue preoccupazioni, se riuscirà a passare dei giorni senza piangere, se troverà un modo efficace per vivere gli imprevisti della vita senza perdere il controllo di se stesso. Insomma, desidera trovare degli appigli che sostengano il bisogno di potere instaurare in tutta sicurezza un rapporto di fiducia con un professionista del benessere e della salute mentale, senza perdere tempo e sprecare denaro.

Ebbene, caro potenziale paziente sappi che i segnali dell’efficacia della psicoterapia comporta i seguenti cambiamenti:

  1. “CI PENSO”: succede che inizialmente, nell’intervallo tra una seduta e l’altra i soliti pensieri devono fare un po’ di spazio a dei nuovi contenuti, che poi sono gli stessi affrontati in terapia. Nel corso delle settimane, questi “insoliti” pensieri si affinano e diventano più concreti, nel senso che le situazioni quotidiane subiscono l’effetto di questi nuovi pensieri sviluppati durante gli incontri;
  2. “CI VADO”: l’impegno fisso di andare in terapia diventa automatizzato. Le prime volte viene segnato in agenda, s’incastra tra gli appuntamenti consueti e sopraggiunti, per cui bisogna prestar caso a quel giorno e a quella ora in particolare. Nel corso delle settimane, però, la negoziazione tra l’appuntamento con il professionista e le altre necessità viene meno, poiché l’impegno delle sedute diventa ovvio, scontato, come andare a letto la sera (in assenza di un disturbo del sonno ;-);
  3. “SI NOTA”: le persone che sono abituate a frequentarci osservano delle nuove dinamiche cognitive, delle diverse espressioni emotive e delle impreviste reazioni comportamentali. Quelle più autentiche, poi, ce lo fanno anche notare, un po’ con tono sorpreso, un po’ con aria compiaciuta;
  4. “LO SENTO”: Possiamo essere le persone più impegnate e distratte del pianeta, ma quando qualcosa dentro di noi funziona diversamente rispetto a come siamo abituati a percepirne il funzionamento lo sentiamo. Cerchiamo allo specchio un movimento muscolare nuovo, andiamo alla ricerca di indizi che dimostrano il realismo della nostra sensazione, ma poi la responsabilità torna alla psicoterapia, perché, guarda un po’, “è da quando vado che…”;
  5. NE PARLO”: durante i primi colloqui ho l’abitudine di chiedere chi è a conoscenza del percorso che si è intrapreso, per valutare eventuale risorse o credenze distorte. Puntualmente, la disinvoltura con cui viene condivisa la propria esperienza con gli altri, chiunque essi siano questi “altri”, aumenta e la voglia di porsi come esempio da seguire fa sì che la frequenza con cui si fa riferimento al proprio percorso cresce nel tempo.