LUTTI, PERDITE, DISTACCHI - Erika Graci
Psicologa evolutiva e psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Erika Graci, Psicoterapeuta, Roma, psicoterapia cognitivo comportamentale, psicologa infantile, terapia di coppia, panico, lutto
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LUTTI, PERDITE, DISTACCHI

LUTTI, PERDITE, DISTACCHI

L’etimologia della parola lutto rimanda al verbo latino “lugēre”, che significa “piangere”, ragion per cui associarla alla perdita e al distacco forzato risulta essere pertinente.

In effetti, però, nell’ideale collettivo, quando si parla di lutto si pensa subito alla morte, intesa strettamente come la perdita fisica della vita.

In realtà, invece, il lutto è una condizione che può insorgere anche in seguito a una perdita significativa o a un distacco indesiderato.

Pensiamo alla morte di una persona cara o alla perdita del proprio animale domestico. Il dolore per il lutto subito può manifestarsi fisiologicamente con il pianto, il ritiro sociale nel breve termine, l’alterazione del ciclo sonno/ veglia, l‘instabilità emotiva.

Ma se ci riflettiamo, anche la reazione alla perdita di uno status ha le stesse caratteristiche. Perdere il lavoro o scoprire che il proprio figlio o figlia non aderisce alle proprie aspettative, per esempio, sono due occasioni in cui frequentemente molte persone possono attraversare le stesse fasi del lutto conseguente alla morte fisica.

Non sono da meno i distacchi forzati, dovuti, per esempio, a un trasferimento forzato, per cui per i primi mesi dal cambiamento non voluto si può soffrire, oppure all’allontanamento da persone o cose nei confronti dei quali abbiamo nutrito un sentimento profondo, alimentato dalla vicinanza. Pensiamo, per esempio, a una separazione coniugale, a un figlio che lascia il nido familiare per andare a vivere da solo o per stabilirsi nella città in cui studierà, così come la fine di una relazione, anche di amicizia, importante.

Ecco, affrontare i cambiamenti richiesti dai lutti, dalle perdite e dai distacchi può essere complesso e a complicare ulteriormente le cose possono contribuire i fattori di rischio personali (articolo nel blog), le esperienze traumatiche, anche se di lieve entità ma precedentemente vissute e non elaborate, la contemporaneità con altre difficoltà da gestire.

C’è un lasso temporale all’interno del quale stare nel dolore può essere considerato un momento propedeutico all’elaborazione del trauma, ma oltre il quale è opportuno chiedere aiuto per evitare la cronicizzazione sintomatologica. Stiamo parlando di un tempo che non supera i sei mesi, durante i quali alcune delle aree personali della vita sono state compromesse (autonomie, contesto professionale, ambito socio-relazionale e/o familiare, sfera affettiva).

In questi casi, tra le terapie più efficaci e tempestive la letteratura scientifica in materia indica la psicoterapia cognitivo- comportamentale e l’EMDR.