I PROBLEMI PSICOLOGICI NON ESISTONO - Erika Graci
Psicologa evolutiva e psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Erika Graci, Psicoterapeuta, Roma, psicoterapia cognitivo comportamentale, psicologa infantile, terapia di coppia, panico, lutto
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I PROBLEMI PSICOLOGICI NON ESISTONO

I PROBLEMI PSICOLOGICI NON ESISTONO

Molto spesso mi chiedo come mai non riesco ad accontentarmi delle risposte dei pazienti, quando chiedo loro come posso aiutarli, trattandosi di un “perchè ho dei problemi psicologici“.

Eppure succede con una notevole frequenza, probabilmente per via della semplicità dell’espressione in sè, che dentro questi “problemi psicologici” ci siano delusioni, aspettative tradite, esperienze traumatiche, sofferenze che non passano, dinamiche che non si riescono a disinnescare, frasi che si pensano ma non si riescono a esprimere ad alta voce, paure ormai difficili da gestire.

E, allora, perchè parlare di “problemi”? E per quale ragione si giudicano di natura psicologica?

Proviamo ad analizzare insieme la questione.

Di pancia, una prima ipotesi potrebbe contemplare la possibilità che quando nella propria vita si presenta un problema che crea disagi significativi, principalmente sul piano emotivo e comportamentale, al punto da compromettere la qualità delle proprie giornate, la difficoltà sopraggiunta diventa “psicologica” perchè comporta un danno al funzionamento “”psicologico della persona che vive l’elemento disagioso. E’ come se, venendo meno il benessere, inevitabilmente la componente psicologica ne debba subire il disagio.

In questo modo, quando un imprevisto è ben gestito e non ha effetti collaterali non si può parlare di un problema psicologico; mentre, se la difficoltà sopraggiunta ha come conseguenze un malessere emotivo (spesso sono più triste di quanto vorrei essere, sento una gran rabbia dentro che non riesco a controllare, molte volte provo una forte ansia anche quando sembra non ce ne sia il motivo) e/o un mal funzionamento comportamentale (evito di uscire, rifiuto il cibo, mi procuro del dolore fisico, mi abbuffo a tavola, cerco rifugio nell’alcol, litigo con tutti, piango sempre), allora deve trattarsi di un problema psicologico.

Messa così, questa supposizione potrebbe avere senso ma, allo stesso tempo, rischia di indurre in errore.

Non tutti gli individui, infatti, reagiscono alla stessa maniera di fronte alle difficoltà che la vita può presentare.

C’è chi trova più facilmente delle risposte adattive agli ostacoli e chi, invece, ha bisogno di prendersi un tempo per sentire la sofferenza che la difficoltà produce, per stare nel dolore e, solo dopo un tempo fisiologico più o meno variabile, può reagire in maniera funzionale.

Pensiamo a un lutto, sia esso una perdita fisica (la morte di qualcuno) o una mancanza astratta (il tradimento di un’aspettativa, la separazione da qualcosa o da qualcuno amato). Alcune persone riescono a elaborare il dolore in un tempo clinicamente considerato fisiologico (circa sei mesi), mentre altre hanno bisogno di un aiuto per poterlo fare.

Ora, in questi casi, qual è il problema psicologico? Il tempo che si necessita? La necessità di un supporto?

Ebbene, quello che solitamente verrebbe descritto come un problema psicologico (“Non riesco più a riprendermi da questa vicenda”), in realtà è la dimostrazione della mancanza delle risorse necessarie per rispondere alla vita in maniera protettiva.

Sapere accettare, trovare le risorse migliori per se stessi, per tollerare un dolore, per affrontarlo e poi superarlo, per tollerare l’impossibilità di prevenire, evitare, subire e convivere con la vulnerabilità tipica dell’essere umano sono solo alcune delle abilità di cui è necessario disporre per poter affrontare e gestire funzionalmente le sofferenze della vita.

Per cui, il “problema” più che psicologico è di natura personale, in quanto mancano gli strumenti necessari per tutelare il proprio benessere.

Chi si rivolge a un terapeuta per sviluppare le risorse necessarie e acquisire gli strumenti riparatori ai disastri della vita, quindi, può riassumere questi bisogni nell’espressione “problemi psicologici”.

Sarà, dunque, compito del professionista tradurre in maniera congrua e aderente alla singola situazione specifica la richiesta del paziente, in maniera contestuale ed empatica.

Pertanto, diffidiamo di chi si esprime in termini di “problemi psicologici” e privilegiamo la relazione terapeutica con chi ha la sensibilità di leggere chiaramente tra le righe delle difficoltà personali.